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L'intervista a...

Dr.ssa Flavia Simonetta Pirola, la nuova Direttrice Socio Sanitaria dell’ASST Bergamo Ovest


Abbiamo incontrato la Dott.ssa Flavia Simonetta Pirola, nuova Direttrice Socio-Sanitaria dell’ASST BG-OVEST, alla quale abbiamo posto alcune domande.

1- Cosa ne pensa della esperienza maturata in questi mesi alla ASST Bergamo Ovest?
E’ un’esperienza positiva, ricca di nuovi contenuti e di rapporti con le persone. Dal 15 febbraio, quando sono arrivata qui da Lecco, ho potuto cimentarmi nell’ambito delle attività socio sanitarie per portare anche il mio contributo per il buon andamento della salute anche in questa popolazione. Subito ho iniziato le visite sul nostro territorio, nei Preest (vecchie sedi dei distretti), nei consultori, nei poliambulatori, alla neuropsichiatria infantile, ai centri di salute mentale e della prevenzione delle dipendenze. Ho incontrato gli operatori ed i dirigenti delle diverse unità operative, per conoscerci ed avere da subito un rapporto diretto con loro. Ho partecipato anche a convegni scientifici su temi sanitari o socio-sanitari dai contenuti complessi. Ho avuto modo insomma di constatare una realtà vivace ed articolata.

2- Quanto è importante l’abbinamento in uniche mani delle competenze del socio e del sanitario?
E’ un’intuizione importante per poter davvero realizzare l’integrazione ospedale territorio. In Lombardia l’assistenza ospedaliera è di buonissima qualità e buona anche quella territoriale. Ma il territorio è sempre stato un poco una Cenerentola, una parte residuale rispetto all’ospedale. Nelle mie precedenti esperienze di direttore sanitario, il tempo dedicato a tematiche quali quelle della salute mentale, dell’assistenza domiciliare, quelle trattate nei consultori era sempre insufficiente perché per la maggior parte ero assorbita dai temi dell’ospedale. Ma oggi è necessario davvero invertire la tendenza. Oggi con il sostanziale miglioramento delle condizioni di vita, con le vaccinazioni, con le nuove terapie anche contro il cancro la vita si è “allungata”. Da diversi anni gli italiani sono tra i più longevi al mondo: la cosiddetta speranza di vita si è allungata ed oggi chi nasce o chi ha sessant’anni può aspettarsi di vivere oltre gli 85 anni! Ma l’allungamento della vita fa sì che alcune malattie per le quali un tempo si moriva oggi vengono curate quando si manifestano e diventano croniche, cioè le avremo finchè vivremo. Alcune di loro ci rendono per alcuni aspetti meno attivi ed in alcuni casi anche disabili alle attività quotidiane della vita. Pensate alla demenza, alla cecità o alle amputazioni dei piedi nel diabete avanzato e mal curato o alle fasi alterne dei trattamenti oncologici fino alle condizioni terminali. Sono quello che si dice “l’aumento degli anni di vita con disabilità”, per i quali il nostro paese purtroppo anche in questo caso ha un primato a livello internazionale. Ma anche il semplice avanzare degli anni ci rende sempre meno autonomi nella nostra quotidianità. Dal punto di vista sociale, le famiglie sono cambiate e sono sempre di più le persone che vivono sole in casa, soprattutto anziane oltre i 75 anni rimaste vedove e con i figli che ancora lavorano. Ecco perché diventa importante sviluppare tutto quello che è socio-sanitario, per affiancare questi ultrasettantenni a migliorare le proprie condizioni di vita e ridurre le complicazioni e le disabilità che una malattia cronica o il semplice avanzare dell’età comporterebbero.

3- La nostra associazione da anni è a fianco dei pazienti oncologici dentro e fuori dall’ospedale. Come pensa possiamo collaborare ?
I pazienti oncologici sono una grande parte di quei pazienti che grazie ai progressi della diagnosi precoce e delle cura hanno visto in questi ultimi tempi l’allungamento della vita. Di tumore un tempo si moriva in breve tempo. Oggi per la maggior parte delle malattie oncologiche non si muore più o di gran lungo molto in là nel tempo. Pensiamo ai progressi per i tumori della mammella o dell’intestino in generale, dove anche la diagnosi e l’intervento precoce insieme alle nuove terapie favoriscono la guarigione della malattia in buona parte dei casi e ne attenuano le conseguenze negli altri. Ma l’impatto personale di questa diagnosi grava ancora molto sulla psiche del singolo e su tutta la famiglia che lo circonda. Tutti i mie amici e parenti, e comunque da tutte le indagini sociologiche condotte, riferiscono che al momento della comunicazione della diagnosi cambia la loro prospettiva di vita. I medici e tutti gli operatori sanitari vengono formati sia a come comunicare la diagnosi sia a come assistere e supportare quello che è diventato un paziente. Ma tutto questo avviene per piccoli momenti della vita quotidiana, per 15 giorni alla diagnosi, per i periodi di chemioterapia o radioterapia, per la visita di controllo ogni tre o sei mesi… Ma tutto il resto del tempo le istituzioni sanitarie “non ci sono” e non potrebbero esserci. Ecco dunque l’importante ruolo delle associazioni di volontariato che aggregando persone con patologie in atto riescono a costruire delle piccole comunità dove i pazienti si possono confrontare, capire come altri hanno affrontato le stesse problematiche, vedere come si possono risolvere; dove i volontari, che spesso sono anche gli stessi operatori sanitari, si prodigano a prendersi cura di ognuno in funzione delle condizioni del momento. Il volontariato, proprio perchè costituito da persone appartenenti allo stesso territorio, che vivono negli stessi paesi dei pazienti, ha il valore aggiunto di una capillarità nel contesto di appartenenza e di una presenza che copre la quotidianità della vita. Il volontariato inoltre può coinvolgere le persone affette da malattia cronica in attività che conducono a stili di vita che permettono di prevenire le complicanze, che aiutano ad essere regolari nei controlli, che “fanno stare bene” dal punto di vista psicologico anche solo perché si va insieme al cinema, a fare una passeggiata o perché ho partecipato ad incontri informativi a tutto campo sulla mia malattia.

4- L’associazione avendo molto a cuore il benessere e la qualità di vita dei nostri concittadini oncologici lavora per una valorizzazione delle strutture della nostra ASSL che assiste circa 650 nuovi pazienti/anno. Come vede l’impegno della Direzione nella crescita della nostra Oncologia ?
Questa Direzione ha posto in primo piano ulteriormente il rapporto di integrazione tra i propri servizi con il volontariato ed il terzo settore. Questo significa in primo luogo ascolto ed in seguito valutazione delle proposte ed attuazione delle stesse in maniera integrata laddove possibile. Ed il “laddove possibile” deve costantemente estendersi per le ragioni dette prima. Abbiamo già convocato e riattivato la consulta del volontariato, riunitasi ad aprile e si riunirà di nuovo ai primi di giugno. Questo spazio, a cui anche “Gli amici di Gabry” aderisce, è un momento di confronto fra associazioni e direzione per definire le line di sviluppo ed i modi delle collaborazioni, gli ambiti di sviluppo, le iniziative da intraprendere ed appoggiare, i punti ancora di scarsa attenzione. In ambito oncologico, negli ultimi tempi è stata attività la rete delle cure palliative e, come annunciato recentemente dal Direttore Generale dr. Assemberg intendiamo ricoprire il posto di primariato di Oncologia.

5- Il percorso dei pazienti al di fuori dell’ospedale è ancora carente. Quale è la sua visione circa questa continuità ospedale-territorio ?
Va rafforzata tutta la catena della cosiddetta assistenza al malato cronico, quale diventa anche quello oncologico, rendendo più attivi ed efficaci i punti di assistenza diffusi sul territorio. Questo secondo anche quanto previsto dalla nuova legge lombarda per l’assistenza al malato cronico. Dobbiamo essere più attenti alle richieste del territorio, intendendo con questo tenere in maggior conto quanto ci viene segnalato dalle associazioni quale la vostra, dalle assistenti sociali dei comuni, dai medici e pediatri di famiglia, da tutti coloro che sono molto vicini ai pazienti e che hanno un punto di vista diverso da noi operatori e naturalmente dai pazienti stessi. Come si suol dire, da solo posso vedere solo una faccia della luna, ma con altri in altre postazioni posso vedere la luna al completo. Ed in questo ci dobbiamo impegnare.

Matteo Cremonesi
Vicepresidente dell’Associazione Amici di Gabry Treviglio

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