I tesori vicino a casa:
il Santuario beata Vergine Incoronata di Lodi

Indubbiamente uno dei più riusciti ed importanti monumenti architettonici del Rinascimento lombardo, dovuto all'impulso del vescovo Carlo Pallavicino ed al genio architettonico di Giovanni da Lodi, allievo di Donato Bramante.
Una trasferta davvero appagante, per il colorito tragitto campestre, per l'accesso in punta di piedi alla città di Lodi che da sola meriterebbe una sosta adeguata e per l'importanza dell'obiettivo, il Tempio civico dell' Incoronata, gioiello del Rina-scimento lombardo.
Incominciamo dal tragitto, a valle della 'Costa', la Geradadda nei suoi confini occidentali, la riviera dell'Adda. Semplicemente uno splendido panorama di pianura. Da Treviglio percorriamo la via del Bosco, poco dopo il Roccolo imbocchiamo il sottopasso della ferrovia e scendiamo verso Casirate, giunti all'incrocio con la intercomunale per Cascine san Pietro (se fossimo stati in bicicletta avremmo potuto proseguire il sentiero sterrato che abbraccia il sottocosta di Casirate e che sbocca di fronte al mulino sulla strada per la zona industriale e Rivolta, così come, prima ancora, proseguire diritti lungo la via del Bosco, ramo dell'antica strada Francesca che collegava ordinariamente Treviglio al Porto di Cassano ed a Milano, attualmente in parte dissestata per i lavori di raddoppio della parallela ferrovia) ma in auto proseguiamo per Cascine San Pietro che oltrepassiamo. Giunti sulla strada Cassano-Rivolta prendiamo quest'ultima fino alla prima rotonda, proseguiamo ed alla seconda entriamo nel centro abduano che attraversiamo per imboccare infine la strada che conduce a Spino d'Adda, Boffalora d'Adda e quindi Lodi, una strada dalla quale su entrambi i lati si affacciano gli scenari tipici dell'agricoltura di qui, fatta di grandi aziende, poche e distanziate cascine, molti, molti alberi, oltre i quali scorre il fiume Adda.
Superato il bel ponte sul fiume e parcheggiato nelle vicinanze entriamo a piedi in città dove ammiriamo velocemente il complesso romanico di San Francesco dove è sepolta la scrittrice Ada Negri (prima cappella nord) e prendiamo a sinistra dove poco dopo l'ospedale, sulla destra si affaccia il rinascimentale Palazzo Mozzanica, autentico capolavoro di Giovanni da Lodi (o Giovanni Battagio), del quale ci accingiamo a rinnovare la conoscenza (l'avevamo già incontrato a Crema in santa Maria della Croce), poco dopo c'è la piazza quadrata del Duomo una delle più ampie e suggestive della Pianura.
Alla sinistra del Duomo diparte la via dell'Incoronata e a pochi passi il bel tempio ci attende.
Singolare storia questa dell'Incoronata, un Santuario, allo stesso tempo Tempio Civico, realizzato per impulso del vescovo e mecenate Carlo Pallavicino negli anni di splendore della prima Signoria Sforzesca, da una confraternita laica che ne affidò il progetto, architettonico ed urbanistico – con l'occasione venne riconvertito un intero isolato composto di case malfamate e fatiscenti - ad un collaudato anche se rissoso ingegnere, di origine locale ma che trasferitosi giovane a Milano vi aveva fatto esperienza e carriera sino a meritarsi il ruolo di ingegnere del Comune di Milano e di ingegnere ducale.
In realtà Giovanni da Lodi o Giovanni Battagio o Battaglio o anche Battaglia come variamente nominato, a Milano aveva fatto di più che la semplice, pur eccelsa carriera, aveva lavorato fianco a fianco con alcuni tra i geni del Rinascimento italiano: Donato Bramate e Leonardo da Vinci. In particolare, insieme al cognato, lo scultore ed architetto cremasco Agostino de Fondulis (anch'egli con questa stranezza di venire etichettato in differenti modi: de Fondutis o de Fonduti o Fondulo) ed al pittore Antonio da Pandino, aveva partecipato alla costruzione del Santuario milanese di Santa Maria presso san Satiro nell'attuale via Torino, in particolare della slanciata sagrestia/battistero ottagonale con nicchie semicircolari, loggiato balconato e finestrato, cupola e lanternino il tutto arricchito da una sequenza di putti e busti virili in terracotta, opere quest'ultime del De Fondutis.
Il lettore che ha già conosciuto in precedenza l'Incoronata, dalla descrizione, avrà già intuito la similitudine fra la sagrestia/battistero presso san Satiro ed il Tempio dell'Incoronata, quasi una replica solo in maggior scala e con l'aggiunta del presbiterio. In realtà i due contesti, quello milanese di Santa Maria presso san Satiro e quello lodigiano dell'Incoronata erano a quel tempo simili, caratterizzati da notevole densità volumetrica ed abitativa che non consentiva l'innesto di una chiesa tradizionale a croce latina. Alla mancanza di spazio occorre aggiungere però la complice preferenza degli architetti e degli ingegneri di gusto rinascimentale per una tipologia edilizia, replicata altre volte nei templi mariani, che si ricollega a modelli sia classici (Pantheon di Roma) sia paleocristiani (San Lorenzo Maggiore a Milano) tale quale realizzata a Lodi e replicata, una seconda volta dal Battagio, pochissimi anni dopo e in maggior scala ancora, a Crema in santa Maria della Croce.
Singolare invece la storia da cui il Santuario trae origine. Nel clima di devozione per lo scampato pericolo per una grave pestilenza abbattutasi sulla città di Lodi tra il 1485 e l'86 ed in quello di rinnovamento urbanistico in atto per l'impulso del vescovo e mecenate Carlo Pallavicino, nel mese di settembre dell'anno 1487 due uomini introdottisi nella casa malfamata dell'allora via dei Lomellini o degli Umilini, vennero a contesa per una donna; uno di essi, ferito, stava per ricevere il colpo di grazia, quando "udissi voce celeste che disse: "Cessino ormai tante liti e lascivie, e casa così impura sia alla mia Pudicizia consacrata".".
Il 28 maggio 1488 la posa della prima pietra e subito l'avvio dei lavori affidati al Battagio che però venne l'anno seguente in urto con i fabbricieri tanto da interrompere traumaticamente i rapporti (anche a Crema si ripeterà la circostanza). La direzione dei lavori venne allora affidata al celeberrino Gian Giacomo Dolcebuono, anch'egli collaboratore del Bramante nella fabbrica della Certosa di Pavia che si stava giusto avviando a conclusione, e collaboratore dell'Amadeo nella monumentale tribuna del Duomo di Milano. I lavori proseguirono con lena, nel 1492 era già stata ultimata la cupola, nel 1501 l'altare maggiore e nel 1503 il campanile e dal 1540 al 1543 lo splendido pavimento in marmo pervenuto intatti ai nostri giorni. Al Dolcebuono si deve la collaborazione pittorica di Ambrogio da Fossano detto il Borgognone, uno dei più straordinari artisti lombardi del Rinascimento, che ultimato il cantiere di Pavia si dedicò con passione all'Incoronata, in particolare con le quattro celeberrime tavole dell'altare della Conversione di san Paolo: l'Annunciazione, La Visita ad Elisabetta, la Nascita di Gesù e la Presentazione al Tempio. (del Borgognone a Milano si ammirano la sala capitolare di Santa Maria della Passione, gli affreschi sulla parete delle monache in San Maurizio al Monastero Maggiore, l'Incoronazione della Vergine nel catino absidale nella Basilica di San Simpliciano, la Madonna bambina in Sant'Eustorgio, per citare solo le opere più note ed accessibili).
Il Tempio dell'Incoronata venne man mano arricchito dagli stalli del coro, opera di Carlo Antonio Lanzani all'organo, nel 1507, opera di Lorenzo da Lucca, con cornice lignea intagliata e dorata da Daniele e Leonardo Gamberino, alle tele ed agli affreschi dei Piazza, pittori lodigiani per più generazioni, dal 1500 al 1540, ovvero Albertino, Martino, Callisto, Scipione, Cesare, Fulvio e Muzio Piazza, da ultimo alla settecentesca splendida sagrestia con gli armadi in radica intagliati da Antonio Rotta . Ma come si conviene ad una grande fabbrica, il cammino secolare delle decorazioni si protrae a lungo e può dirsi concluso soltanto nel XIX secolo con i pittori Giuseppe Diotti ed Enrico Scuri che con gusto neo rinascimentale rinnovarono integralmente gli affreschi della cupola, ultimati nel 1878, tali e quali li ammiriamo oggi, in un insieme assolutamente omogeneo da non credere all'esistenza del concorso di così tante mani, tanto aggraziate come si addice al cantiere di un autentico capolavoro di tutte e tre le arti: architettura, scultura e pittura.
Luigi Minuti
Storico e amante della nostra "bassa"