Il Follow-Up dei lungosopravviventi:
il punto di vista dei pazienti

Continuiamo a parlare di lungoviventi attraverso una ricerca che stiamo conducendo in oncologia per conoscere il "loro" punto di vista rispetto ai controlli che periodicamente l'oncologo programma.
Ritorniamo in questo spazio a parlare di "una lunga strada": quella che separa dalla malattia e che, per un numero sempre crescente di persone, è lontana, spesso molto lontana.
Il termine "lungovivente" può evocare sia vicende drammatiche e dolorose, rispetto alle quali si è riusciti a "sopravvivere", sia la possibilità di guardare avanti e vivere il futuro perchè il tratto che separa dalla malattia e dal dolore è ormai "lungo", dietro le spalle.
Più volte abbiamo sottolineato il fatto che per ogni persona la malattia è un evento critico che assume un significato particolare ed unico a seconda della personalità e della storia personale e familiare di ciascuno. Sono questi gli aspetti fondamentali che incidono sulle modalità di affrontare la situazione e le difficoltà che comporta intraprendere il percorso di cura e i relativi interventi terapeutici. Si diventa pazienti e si entra così, spesso repentinamente, "in un altro mondo": quello dei malati oncologici, quello della chemioterapia, della radioterapia, dell'intervento chirurgico, quello dell'"io speriamo che me la cavo". Entrare nel contesto di cura comporta anche stabilire nuove relazioni: l'oncologo, gli infermieri, la psicologa, i volontari, diventano punti di riferimento per affrontare la malattia.
Intorno a questi temi si è sviluppata un'ampia letteratura che ha considerato, da molteplici punti di vista, il vissuto e gli atteggiamenti dei pazienti oncologici. Oggi a noi preme, invece, approfondire un aspetto forse meno affrontato: comprendere il punto di vista dei pazienti che, considerati clinicamente liberi dalla malattia, sono fuori dal circuito delle cure attive e necessitano solo di controlli periodici annuali.
Il follow-up può essere considerato da diversi punti di vista: un passaggio per noi fondamentale è stato "dare la parola al paziente" riconoscendo così il fatto che per i lungoviventi il follow-up è un momento denso di significati e implicazioni.
Per chi ha attraversato la malattia, infatti, l'appuntamento per i controlli comporta idee, stati d'animo e vissuti che, se riconosciuti, possono dare preziose indicazioni di miglioramento clinico ed organizzativo.
Con l'obiettivo quindi di valutare il vissuto dei pazienti e il gradimento rispetto ai controlli clinici al termine delle terapie, da febbraio 2012 si sta conducendo un'indagine nel Day Hospital Oncologico dell'Ospedale di Treviglio. Lo strumento usato è un questionario anonimo autosomministrato ai "nostri" lungoviventi alle visite di follow-up.
Il campione dei pazienti, considerato per patologia, è suddiviso in tre fasce in base al numero di anni dal termine della terapia: meno di cinque, più di cinque, più di dieci anni. Diverse le aree esplorate come lo stato d'animo prima della visita di controllo, i timori prevalenti suscitati dal ripetere periodicamente gli accertamenti diagnostici, il significato attribuito ai controlli, la propensione o meno a rivolgersi all'oncologo anche per problemi di salute non correlati alla malattia oncologica e, per ultimo, il gradimento rispetto alle modalità del follow-up. I questionari finora analizzati riguardano 165 pazienti: 67 maschi e 98 femmine.
Di particolare interesse psicologico sono, dal nostro punto di vista, i dati che portano a rilevare il fatto che al numero di anni dal termine delle terapie non corrisponde un altrettanto chiaro e linerare percorso emotivo: la distanza clinica dalla malattia non è sovrapponibile alla distanza psicologica. Infatti il timore della ripresa della malattia nei pazienti in controllo da più di dieci anni è ancora massicciamente presente per oltre la metà di essi.
La molteplicità dei meccanismi psicologici che il percorso di malattia porta con sè è dimostrata dalla presenza di un'alta percentuale di risposte che riportano uno stato d'animo improntato a fiducia e serenità parallelamente ad altre che rilevano invece ansia e preoccupazione.
Rigurdo ai timori presenti in chi è in controllo, le risposte prevalenti si dividono tra chi teme una ripresa della malattia e chi invece risponde di non temere nulla.
La visita di controllo viene visto dalla maggioranza degli intervistati come momento per valutare lo stato di salute fisica ma un significativo numero di pazienti in controllo da più di 10 anni, riconosce al follow-up la funzione di mantenere un rapporto con il medico per essere tranquillizzato.
Un dato per noi estremamente rilevante e significativo è che il 67% dei pazienti in controllo da più di 10 anni considera l'oncologo come punto di riferimento per il proprio stato di salute complessivo, al di là dei problemi strettamente correlati con la patologia oncologica. Infine la maggior parte dei pazienti è favorevole all'attuale organizzazione del follow up.
Dall'indagine risulta che i pazienti ci comunicano, attraverso i diversi significati attribuiti al follow-up, la difficoltà a sciogliere il legame con la struttura oncologica anche quando lo stato di salute lo renderebbe da tempo possibile.
Questo aspetto evidenzia che nel lungo percorso di malattia la relazione con l'oncologo assume un'importanza fondamentale per "attraversare" la malattia e, pur a distanza di anni, ne resta la funzione di "base sicura" per affrontare i risvolti emotivi implicati nell'affrontare i controlli periodici.
Da qui possono emergere riflessioni che però coinvolgono altre figure, mentre ribadiamo l'importanza di partire proprio dalla relazione con i pazienti e da ciò che loro vivono per ripensare la gestione clinica ed organizzativa del follow-up dei lungoviventi.
Luisa Bonetti
Psico-Oncologa dell'Associazione
Psicologa dell'U.O. di Oncologia Medica
Azienda Ospedaliera Treviglio-Caravaggio